Monti


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S’i fosse Monti
Giorgio Gilestro, 12 Novembre 2011

Si sa che la gente dà buoni consigli quando non può più dare il cattivo esempio. Di cattivi esempi ne abbiamo avuti a carrettate negli anni passati e ora è il momento storico dei buoni consigli. Si sprecano gli editoriali sui giornali in cui in tanti si sentono in dovere di indicare a Monti quali passi fare. Lo faccio anche io, sentendomi moralmente giustificato dal fatto che darò consigli che vanno un po’ fuori dai cori.

Mettendo da parte chi pensa che si debba andare ad elezioni anticipate, che mi sembra a naso una minoranza, direi che tutti gli altri siano divisi su due fronti: dare ascolto alla BCE, abbassando la testa e cedendo l’onore, o mettere in moto l’italica creatività per spuntare qualche riformetta alternativa di quelle che tanto ci piacciono?

Io proverei a fare un passo indietro. Mi sembra chiaro che la crisi in corso sia una crisi dai fondamenti politici, quanto se non più che finanziari. Non a caso, la goccia che ha fatto traboccare il vaso e ha iniziato l’emorragia di spread è stata versata agli inizi di luglio, in diretta concomitanza con gli eventi giudiziari di Marco Milanese.

Di fronte all’esplosione della bomba sui mercati di quei giorni, la classe dirigente italiana s’è svegliata presa dai turchi e ha risposto con attesa e tutt’altro che sorprendente inadeguatezza. Il governo ha cercato di partorire una manovra di salvataggio che nell’ipotesi migliore avrebbe dovuto essere tremontiana (lacrime e sangue) ma che si è invece rivelata tarantiniana (sangue e merda). L’opposizione s’è ben guardata dal partorire qualsiasi controproposta e si è limitata ad aumentare la frequenza con cui chiedeva la dimissioni di Berlusconi. La descrizione migliore al proposito l’ha data, come spesso accade, Spinoza.it dichiarando “Bersani in aula chiede le dimissioni di Berlusconi. Se gli premi il petto dice anche altre frasi.”

Non mi dilungherò a dare esempi di quanto incapace o impotente sia la classe dirigente perché sennò finiamo domani mattina. Lo darò per scontato e darò per scontato che è facile capire, per il lettore, che il signor investitore si sia un po’ rotto i cosiddetti di prestar soldi ad un paese che è governato in questo modo.

Assodato quindi che la crisi politica è importante quanto – se non di più – di quella finanziaria, la conseguenza è una sola. I provvedimenti del governo tecnico devono mirare ad aggiustare la politica, quanto se non prima della finanza. Mettiamo l’ipotesi che Monti, aiutato dallo spirito santo, riesca a metter mano alle riforme che tutti auspichiamo: aggiustare il mercato del lavoro, liberalizzare le professioni, dare una stretta alle pensioni e magari già che c’è dare una bottarella all’università. Le probabilità che riesca a trovare il consenso politico per fare bene anche solo una di queste cose sono secondo me infinitesimali, soprattutto perché anche l’opinione pubblica è divisa su questi argomenti e il parlamento avrebbe vita facile a fare broncetto e girarsi dall’altro lato. Ma ragioniamo per assurdo. Se ci riuscisse, cosa succederebbe una volta dismesso il governo tecnico? Tornerebbero gli stessi baluscia a far manbassa, dividendo il loro tempo tra il danno e l’inazione. E saremmo punto e a capo.

A mio avviso quindi sarebbe estremamente più facile concentrarsi su quelle riforme che non solo sono ben viste quasi all’unanimità dai cittadini italiani e che per questo danno a Monti maggior leva politica, ma che alla fine dei conti sarebbero pure più utili sul lungo termine. Alcuni esempi:

1. Ridurre il numero dei parlamentari – e già che ci siamo dare una sfoltitina al trattamento economico, dall’indennità al vitalizio. Aumenterrebbe la competizione interna ai partiti e ridurrebbe il fenomeno del parlamentare di pezza.

2. Cambiare la legge elettorale. Niente da aggiungere.

3. Iniziare a tagliare il cordone che lega la politica all’informazione perché non ci può essere buona politica in un paese in cui l’informazione non fa il proprio mestiere. Abbiamo bisogno di cani da guardia, non cagnolini da salotto. Questo andrebbe fatto partendo dai sussidi alla carta stampa e finendo alla depoliticizzazione della RAI (privatizzare la RAI tout court sarebbe probabilmente difficile; è passato troppo tempo dal 95).

Sono tre riforme che la maggioranza degli italiani approverebbe volentieri e sarebbe ben facile per Monti portare in piazza una bella fiumana di indignados nel caso in cui il parlamento facesse le bizze. A giudicare dagli sputazzi in faccia che s’è preso Pannella qualche settimana fa, il clima da forca cresce ed è propiziatorio. Ben diverso sarebbe se invece Monti si impuntasse sull’articolo 18 o sulle pensioni, perché quello è campo in cui i demagoghi hanno gioco facile. Inoltre sono tre riforme che aiuterebbero il paese ad avere una classe politica un pelino migliore al prossimo giro, cosa di cui abbiamo bisogno come il pane.

S’i fosse Monti, metterei questi tre punti in alto alle priorità. E voi?

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